Sindrome dell’ovaio policistico: diagnosi e cura
La “sindrome dell’ovaio policistico” (PCOs) rientra tra le cause più comuni di infertilità femminile e colpisce circa il 6-10% delle donne in età riproduttiva. Il CMSO mette a disposizione del paziente un’elevata competenza ed esperienza anche nella diagnosi e terapia della sindrome dell’ovaio policistico, con un’equipe formata dai principali esperti nel mondo in materia.
Abbiamo chiesto qualche chiarimento su questo tema dell’endocrinologia ginecologica al Prof. Francesco Orio, consulente del CMSO Specialista in Endocrinologia e Diabetologia, Professore Associato di Endocrinologia dell’Università “Parthenope” di Napoli e premiato come “miglior endocrinologo italiano al di sotto dei 40 anni”.
– Professore, quali sono i sintomi che caratterizzano la “sindrome dell’ovaio policistico” (PCOS)?
“Va chiarita subito la differenza che esiste tra la semplice evidenza ecografica di ovaia policistiche, che è un fenomeno molto diffuso e spesso occasionale ed innocuo, presente anche nelle giovani adolescenti, che nella grande maggioranza dei casi non provoca nessuna conseguenza e la vera e propria Sindrome dell’Ovaio Policistico (PCOS) che è caratterizzata invece da un corredo vario si segni e sintomi, come l’iperandrogenismo, ossia elevati livelli di androgeni (che sono gli ormoni sessuali maschili) prodotti dall’ovaio, quali: androstenedione e testosterone e segni clinici, quali: l’irsutismo, che è la crescita dei peli in zone dove normalmente le donne non hanno peli (volto, addome, fondo schiena, mammella, cosce) e l’acne. Altra caratteristica molto comune alla PCOS è l’oligo-anovulatorietà cronica, che rende quindi i cicli mestruali della donna affetta, praticamente sterile, infatti un ciclo anovulatorio è un ciclo che perde la sua potenzialità di essere fecondato dallo spermatozoo, proprio perché non produce la cellula uovo. Non a caso infatti la PCOS è la prima causa endocrina di infertilità femminile, con una frequenza che si attesta tra il 10 ed il 20% in tutto il mondo. Inoltre molto spesso è presente irregolarità mestruale, che prende il nome di amenorrea (assenza delle mestruazioni) o oligomenorrea (ciclo mestruale ridotto e che quindi viene con una frequenza più bassa, ossia si può ripresentare non dopo i classici 28 giorni ma anche dopo 40-50 o 60 giorni)”.
– In che modo viene diagnosticata?
“Con una buona anamnesi ed un’accurata visita clinica, un prelievo ematico per dosare gli ormoni androgeni ovarici e surrenalici, oltre alle gonadotropine ed agli estrogeni ed un’ecografia pelvica (delle ovaia), che spesso non è indispensabile, poiché la valutazione endocrinologica già fa presupporre una diagnosi chiara”.
– Qual è la terapia che garantisce migliori risultati?
“Non esiste una singola ed unica terapia. A secondo infatti del segno o sintomo presente e quindi del fenotipo clinico si adotterà la terapia più indicata. Se ad esempio il problema è l’infertilità si useranno farmaci, quali induttori dell’ovulazione, adatti a risolvere tale problematica; se invece è presente irsutismo si useranno antiandrogeni e terapie topiche locali, con creme specifiche che unite a trattamenti di epilazione miglioreranno tale problematica; se il problema è l’irregolarità del ciclo mestruale, si potrebbe prendere in considerazione, dopo un’attenta valutazione metabolica e cardiovascolare (che non sempre i ginecologi praticano), la possibilità di prescrivere una terapia con estro-progestinici, la cosiddetta “pillola contraccettiva” o progestinici soltanto. La cura della PCOS quindi è caldamente consigliata ad un bravo endocrinologo con competenze ginecologiche, piuttosto che ad un ginecologo con buone competenze ostetriche”.
– Recenti ricerche confermano il ruolo chiave dell’esercizio fisico nella prevenzione e nella cura della malattia. Quanto conta lo “stile di vita” in relazione a questa patologia?
“Infatti circa il 50% delle donne con PCOS sono obese o in sovrappeso. Il primo “step” in tutti i protocolli terapeutici internazionali ad oggi riconosciuto è la perdita di peso e l’attività fisica. La scuola napoletana, sotto la guida del sottoscritto, è stata infatti tra le prime al mondo a dimostrare, nella letteratura medica scientifica mondiale, l’utilità e l’efficacia di un’attività fisica aerobica programmata, con svariati vantaggi su molti aspetti: endocrini, metabolici e di prevenzione di rischio cardiovascolare, in queste donne che, seppur giovani, possiedono tale rischio proprio perché affette da questa endocrinopatia con rischi e complicanze metaboliche, tra le quali spicca il diabete mellito tipo 2.
Inoltre la società britannica di medicina generale ed il mondo anglosassone ha proibito qualsiasi tipo di cura per la sterilità in donne con PCOS se risultassero obese, se prima di qualsiasi altra terapia o farmaco da prescrivere non fosse stata imposta ed ottenuta la perdita di peso, con la dieta ipocalorica e soprattutto con l’attività fisica.
Le donne che praticano tale semplice, innocua e salutare terapia, come per magia, ripristinano i loro cicli mestruali e quindi anche la loro capacità procreativa”.